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The Ferragnez: love & marketing
- 3 Settembre 2018
- Posted by: Patrizia Menchiari
- Categoria Ascolta CardioMarketing Coinvolgi Delizia Marketing Racconta Social Media

The Ferragnez: love & marketing
Lui è un rapper famoso e tatutato, definito “coso dipinto” da un noto politico. Lei LA fashion blogger per eccellenza, una i cui post arrivano a valere anche 60mila dollari. Tra lui e lei (che fatturano insieme una ventina di milioni abbondanti all’anno) è nato un grande amore interamente celebrato sui social media. Dalle prime schermaglie amorose alla proposta di matrimonio all’Arena di Verona fino alla nascita di #babyraviolo, ogni momento speciale è stato sapientemente condiviso nella più grande telenovela post moderna, in cui finzione e realtà non hanno più confini e la regia della narrazione è corale.
Come prevedibile, le loro nozze, celebrate il 1°settembre 2018 a Noto, in Sicilia, sono state un grande show consumato non “davanti a” ma “con la partecipazione di” 200 invitati e diversi milioni di spettatori attivi (benché definiti “follower”).
Questo matrimonio ci offre una lezione di marketing contemporaneo migliore di tanti saggi, come osserva il marketer Enrico Marchetto:
I Ferregnez sono il primo matrimonio post-moderno. Vanno oltre anni luce Kate e William. Dove Dior e Versace si confondono con Tony Effe e Alitalia, Trudi e la cattedrale di Noto, Dua Lipa e la mamma hostess. Questo non è un matrimonio ma la cosmogonia di un nuovo universo. Sono in estasi totale.
Non ci credi? Andiamo con ordine…
I MEDIA.
Quando ero una bambina appassionata di spose & principesse seguivo le nozze in mondovisione e poi aspettavo paziente che uscissero “Oggi” e “Gente” con il “reportage completo dell’evento” (a cui i quotidiani dedicavano poche righe). Oggi quando arrivano i media (da Novella2000 a Il sole 24 ore) è già tardi. E’ già stato detto (o meglio mostrato) tutto, in tempo reale (e in modo multimediale). A che servono i commentatori di costume quando puoi vedere la festa ripresa dalla ruota panoramica in diretta sulle Stories di Bebe Vio (allegramente soprannominata dallo sposo Beve Vino)? Che bisogno ho di aspettare l’analisi di qualche fashion editor quando il pubblico stesso mi fa notare che gli abiti sono trasformabili? Il mercato delle notizie è disintermediato, si sfuma il confine tra fruitore, osservatore, commentatore e pubblico. Che ci piaccia o meno.
BRANDING
Gli sposi sono maestri di personal branding. Ovvio che l’evento sia un brand, con tanto di naming, grafica coordinata e hashtag (#TheFerragnez). L’acqua è brandizzata. Il biglietto aereo per gli ospiti è brandizzato. Le spilla per gli ospiti, le patatine, gli m&ms, le camice, le ciabatte, la tazza: tutto è brandizzato, e, sì, il brand è sempre quello, il font sempre quello, stessa palette di colori. (Capito, piccolo imprenditore che lasci che la tua insegna, i tuoi biglietti da visita e il packaging del tuo prodotto abbiano marchi diversi per colori e font a casaccio “perché tanto sono tutte cazzate, l’importante è la qualità del prodotto?”. Siamo quello che comunichiamo, fattene una ragione, e un brand non coerente non è un brand).
I CLIENTI, ANZI IL PUBBLICO
Chi sono i clienti di Chiara e Fedez? E’ una filiera complessa, ma la risposta non è “i lettori del blog di lei e gli acquirenti dei dischi di lui “. Perché se pensi che il loro modello di business sia basato sul vendere dischi e scrivere post non hai ben capito. Loro vendono se stessi, in tanti modi, e più mettendo in piazza la loro vita che dandoci prova della loro bravura professionale. Il pubblico è cliente anche se si limita a sbirciare distrattamente sui social, persino se critica o ostenta disinteresse. Perché paghiamo un prezzo per il biglietto dello show, il prezzo è l’esposizione ai messaggi pubblicitari che fanno da sfondo alla narrazione. Venghino signori venghino, più siamo meglio è!
C’era una volta il pubblico da casa. Adesso lo show è a casa del pubblico. Abbiamo visto i fuochi d’artificio in diretta, sentito le battute sceme degli invitati, colto tutti i dettagli-chicca che solitamente si gustano solo se fisicamente presenti perché non finiscono nell’album: le damigelle in mutande e poi che con una sola mano tengono fazzoletto e cellulare, i brindisi all’ultimo tavolo, le riprese tremolanti da qualsiasi angolatura. Che tu ci sia o che tu sia solo spettatore lo show è tutto per te, e risponde ai tuoi bisogni. Quali bisogni? La distrazione (di massa), ad esempio. Per qualcuno il sogno romantico.
Per qualcuno l’ispirazione personale.
Per qualcun altro l’ispirazione lessicale.
Per qualcuno la rivalsa sociale sbattuta in faccia a tutti gli altri.
Che dire poi dei commentatori di politica economica?
Ma, come puntualizza la blogger e scrittrice Francesca Sanzo
Quali spinte avrebbe avuto? Mi citi per favore qualche fonte a supporto? Io mi occupo di comunicazione digitale e conosco il caso Ferragni dagli albori: non è per me modello culturale ma sicuramente una grande imprenditrice. Per altro usa le stesse dinamiche di FB che guadagna su di noi. Siamo tutti il nuovo prodotto, tutti, a prescindere dal nostro spirito critico. Quello, di certo, va applicato per essere consapevoli, come in tutte le cose della vita, ma Ferragni non è mostro più o meno di chi gestisce i social network che tu ed io, in questo momento, stiamo usando. Lei è stata subito molto professionale nel dimostrare di riuscire a portare numeri, persone reali che la seguivano e potevano diventare follower dei marchi che lei proponeva da blogger. Si è poi costruita un personaggio coerente e in linea con i suoi obiettivi. Con lei c’era certamente l’ex fidanzato, altro imprenditore lungimirante, ma entrambi avevano la testa e i numeri per padroneggiare il marketing e le sue (nuove, allora) logiche. Può piacere o non piacere, verissimo che ha il vocabolario di un bambino di 6 anni, ma non ambisce al nobel per la letteratura e nel suo lavoro si è dimostrata molto in gamba. (Poi, oh, a me il suo matrimonio appassiona come una partita di calcio -zero assoluto).
E tutti i milioni di persone a cui non frega niente dei Ferragnez? Migliaia di loro hanno sentito il bisogno di scrivere un (credibilissimo) post con #TheFerragnez per spiegare la vastità del loro disinteresse, finendo per essere in prima fila nel pubblico narrante! Così come i detrattori, che meritano un capitolo a parte.
I (RE)CENSORI ( A.K.A. I ROSICONI)
Schiattassero. Non vedo l’ora di godermi il primo divorzio post-moderno. Sono fiero che nel mio feed non ne parli nessuno. Ma chi se ne fotte? Stracafonal. Persino qualche politico ha sentito il bisogno di dire la sua (mostrando peraltro di essere aggiornato sulla di lui discografia).
Parlatene bene o male, purché se ne parli. Non esiste nemmeno un ristorante stellato senza una bastonata tra le recensioni. Non solo è fisiologico, ma fa parte delle regole del gioco, addirittura fa gioco! Hai presente i post che girano con le lagne perché da Cracco o in piazza S.Marco a Venezia i prezzi sono folli? Ecco, prima impari a fare i conti con reclami e stroncature meglio è. Come? Con il sorriso. Perché spesso i clienti arrabbiati sono una grandissima opportunità di business, se sai prenderli per il verso giusto. Oppure se lasci che ti bastonino facendo il tuo gioco! Non hai più bisogno di pagare i media perché parlino di te, ci pensano i tuoi haters a farti pubblicità! E già mi sento la vocetta gracchiante di Chiara: “Thank you guys!”.
(La mia risposta al post qua sopra: sì, è proprio questo il trash che ci meritiamo, esatto! E ora vai, spiegalo ai 20 milioni di follower che loro meritano di meglio!)
SPONSORSHIP O CO-BRANDING?
È Alitalia che paga loro in quanto sponsor del matrimonio o loro che pagano Alitalia? Bel dilemma. Alitalia ha allestito un volo brandizzato Ferragnez: biglietto aereo, gadget di bordo, display luminosi al gate. Il ministro dello sviluppo economico Di Maio ha chiesto lumi e la compagnia ha precisato che non si è trattato di una sponsorizzazione, ma di un normale accordo commerciale da inquadrare nella campagna pubblicitaria dell’azienda ( e cioè?). Ma, come ha osservato Enrico Marchetto: “Se è Alitalia a pagare penso sia l’operazione di marketing più sensata che abbia fatto negli ultimi 30 anni”. Sponsorship, fornitura, product placement sono concetti ormai sfumati e sovrapposti. Insieme alle prime foto della sposa Dior ha diffuso i video del “making of”, i video delle prove in cui Chiara spiega al pubblico globale che “both dresses make me feek like a princess”.
Fino a che punto il pubblico di Chiara è quello di Dior che ha firmato gli abiti? Il pubblico di Dior è tutto quello che può comprare o aspirare a comprare Dior. E Chiara, come ogni principessa che si rispetti, è sbirciata, studiata, commentata dalla parrucchiera come dalla contessa. Basta pensare ai mercati come a compartimenti stagni, ai segmenti di clientela, alle fiere, al BTB versus BTC come separati. I post di Chiara sono in italiano e in inglese, la moda è un prodotto globale, lei una ambasciatrice contemporanea di moda e di creatività e persino di cultura, già, che ti piaccia o meno. (Capito piccolo imprenditore che non sai le lingue, non formi i dipendenti e ti assicuri che non abbiano il profilo LinkedIn perché qualcuno potrebbe scoprire che lavorano per te?). E sai una cosa? Ai brand che campeggiano sui suoi profili o sui vestiti del bambino tutto ciò piace moltissimo. E piace moltissimo persino alle destinazioni turistiche delle sue vacanze e dei suoi eventi. Vogliamo scommettere che gli arrivi a Noto e alle sue bellezze barocche raddoppieranno? (E intanto che noi storciamo il naso Chiara viene invitata ad Harvard a spiegare il suo modello di business).
I FORNITORI
Una volta il pasticcere, il sarto e il fiorista stavano dietro alle quinte, oggi sono voci narranti, co-protagonisti, co-marketer. Professionisti e maison più o meno prestigiose ci possono campare un anno sull’essere stati coinvolti, e ci sono persino professionisti che hanno giocato sull’essere stati ingaggiati per il 1 settembre per poi confessare che erano fornitori di una qualunque delle coppie che si sono sposate lo stesso giorno. Se sei smart il professionista non ti limiti a sfruttarlo, lo rendi orgoglioso, partecipe, complice, ambassador e lasci che brilli di luce riflessa o che ti illumini con la sua luce. Il fornitore è come un cliente, non qualcuno da sfruttare e buttare via, ma qualcuno da far felice perché lui faccia felice te. Si chiama #winwin. (E no, “mors tua vita mea” non ha mai pungolato la motivazione dei tuoi fornitori, credimi).
INSTANT MARKETING
Che c’entra una banca con i Ferragnez? E un negozio di gioielli che non ha fornito niente? Al tempo degli hashtag se ne parli, se parli d’altro ma ammicchi a chi ne sta parlando, se ci sei, se cavalchi l’onda c’entri anche tu, perché, in un modo o nell’altro, sei connesso al mood di milioni di persone e, se ti va bene, ti aspettano i tuoi 15 minuti di notorietà. Domani è un’altro giorno, ma tanto il piano editoriale è qui e ora, del doman non v’è certezza.
EVENT MANAGEMENT
Abito bianco a parte, l’evento ribalta i soliti cliché matrimoniali ed è uno specchio di una società che cambia, che vive di “cosa dice la gente” ma non teme più “cosa dirà la gente”. Chiesa e ristorante? No, masseria e Luna Park. Abbuffata infinita? Menù light di tre portate. L’invito blasonato? Cartoncino brandizzato con pop-up. Lista nozze? Meglio una raccolta di fondi per una causa meritevole ( fa niente se poi raccogliamo di più noi mortali su FB per il nostro compleanno). Auguri e figli maschi? Già fatto, grazie. Dai, non venire a dirmi che era tutto esagerato e sopra le righe, abbiamo più o meno tutti esagerato al nostro matrimonio e fatto cose fuori dalle righe. (No? Quante volte ti sei messo, “dopo” i gemelli d’oro e quante cose utili per l’umanità avresti potuto fare con il budget dei fiori e delle bomboniere? Come on, è solo una questione di mezzi. E di fantasia).
STRATEGIA DIGITALE
Quando mi sono sposata, nel lontano 2002, regalai al mio sposo il dominio con i nostri nomi. Ai tempi il dominio era il cuore della strategia digitale. Oggi lo sono i video e gli hashtag, e i contenuti che durano un attimo ma entrano nella storia del costume. E del marketing, oh yes.
E ora vai. Non chiederti cosa inventeranno i Ferragnez prossimamente per catalizzare l’attenzione. Chiediti tu come puoi:
- Coinvolgere e convincere fornitori, partner, sponsor, investitori, dipendenti (e, ovviamente, i clienti!)
- Ascoltare i loro bisogni, metterli al centro della tua storia e tu al centro della loro
- Raccontare qualcosa di te che sia divertente e coinvolgente (per loro)
- Deliziare ed estasiare i tuoi pubblici facendogli fare WOW!
- Imparare sempre qualcosa di nuovo, dagli errori, dalle critiche, dagli altri.
- Orientare il mercato come una bussola, con buone prassi, innovazione, responsabilità.
Non c’è bisogno di essere cantanti o blogger, qualsiasi cosa tu faccia far battere il cuore dei tuoi pubblici parte da una buona strategia di valore. E da tanta, tantissima comunicazione.
P.S.
Sulle strategie con cui le aziende più amate al mondo trasformano i flirt con i nuovi clienti in vere e proprie storie d’amore, felici e durevoli ci ho scritto un libro. Si chiama CARDIOMARKETING, esce il 6 settembre in libreria e, se ti fa piacere, puoi leggere qui l’anteprima gratis. Oppure puoi comprarlo direttamente. E, se lo leggi fammi sapere cosa ne pensi e raccontami le tue esperienze.
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