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Cliente, di te non m’importa nulla!
- 13 Marzo 2019
- Posted by: Patrizia Menchiari
- Categoria Ascolta CardioMarketing Senza categoria

Poco tempo fa il nostro fornitore di telefonia di casa, TIM, ci lascia senza connessione per 9 giorni. Al disagio si unisce la frustrazione perché era impossibile parlare con qualcuno: un risponditore automatico avvisava che il caso era già noto e in carico. Impossibile sapere di più. Al NONO giorno finalmente si fa vivo un tecnico e facciamo alcuni controlli al telefono, durante i quali gli dico: “Mio marito è talmente arrabbiato che sta valutando di cambiare fornitore”.
E il tecnico, stizzito: “Ah, fate come volete, ditelo al commerciale, a me NON IMPORTA NULLA”.
Ora, sentirsi dire in modo così spudorato a parole ciò che nei fatti era già evidente, ossia che di noi all’azienda non importa nulla, è stata la classia goccia che fa traboccare il vaso.
Abbiamo abbandonato il fornitore storico, conservandone la peggiore impressione che si possa immaginare. (Perché sì, capita anche di lasciare un fornitore anche se siamo tutto sommato soddisfatti e ne conserviamo una buona immagine, e allora può essere che torneremo. Ma non è questo il caso. Inoltre condivido pubblicamente la mia rabbia, amplificando il danno di reputazione)
Come dite? Era “solo” un tecnico? Ma agli occhi del cliente qualsiasi persona dell’azienda interagisca con lui o lei rappresenta l’azienda!
- Il tecnico dell’assistenza
- Il centralino (Sìììì? oppure: Se vuoi X digita 1, se vuoi X digita 2…)
- il trasportatore che porta a spasso un marchio in autostrada
- il fantomatico “ufficio amministrazione” che non ha mai uno straccio di nome e cognome, che scrive con un linguaggio amichevole come quello di un ministero e che spesso manda la fattura senza due righe di accompagnamento…
- la donna delle pulizie (hai presente quando le incontri in corridoio e ti guardano storto invece di salutare?), il manutentore, la logistica e persino i ruoli considerati più marginali.
E COME questi signori comunicano è marketing a tutti gli effetti (e i comportamenti sono comunicazione). Anzi, è il più credibile dei marketing, quello che lascia il segno, quello che ti fa decidere di cambiare fornitore! (O ci credete tanto polli da ritenere più significative e credibili le pubblicità patinate in cui ci raccontate di quanto siamo importanti e che per noi fate “servizi a 360°”?)
Se questi collaboratori ti trattano con disprezzo o, nella migliore delle ipotesi, con poca professionalità e rispetto, è qualcosa che ti ricordi. La sensazione del TIR decorato con il marchio XY che ti taglia la strada, resta impressa nella tua memoria emotiva, e ti farà sempre abbinare il marchio XY a emozioni come: rabbia, paura, senso di prevaricazione.
“Le persone dimenticano cosa hai fatto o detto, ma non dimenticano mai come le hai fatte sentire”
(Maja Angelou)
Non mi stupisce la notizia del giorno sui conti di TIM. Mi stupisce quando del mio libro CardioMarketing dicono che è una filosofia “innovativa” e “solo per alcune aziende”. Io penso, invece, che:
✔️se non hai una cultura aziendale che mette il cliente al centro
✔️ se i tuoi dipendenti odiano l’azienda e il cliente finale
✔️ se non sai l’ABC di come recuperare un cliente scontento (e non lo sanno TUTTE le persone di contatto del tuo team, a maggior ragione nel post vendita!!)
✔️ se non sei apprezzato da stakeholder che remano compatti nella stessa direzione (no, non solo gli investitori, ma anche personale, fornitori, partner)
non hai futuro. E i fatti solitamente mi danno ragione.
La cultura aziendale è qualcosa che esiste e ha effetti tangibili anche se l’imprenditore non ha la minima idea di cosa sia una cultura aziendale. La cultura aziendale è fatta di buoni esempi, di ascolto, di gioco di squadra, di coerenza che il cliente finale percepisce. Oppure di menefreghismo, di caccia al colpevole, di orticelli da coltivare separatamente, di individualismo, di scarsa comprensione del senso del tuo lavoro.
Ad esempio quando faccio i corsi sul reclamo e chiedo ai dipendenti quali sono le conseguenze del reclamo mi rispondono: perdita di tempo, nervosismo, disagio. Per il cliente? No, per loro stessi.
Il cliente non ha sempre ragione, no. Ma il cliente è la ragione per cui hai un lavoro.
E se non l’hai capito nel 2018 è un problema più tuo che del cliente. O lo sarà presto, molto presto.
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